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Borse europee contrastate, il dollaro ai minimi da metà 2018

Dic 3, 2020
MILANO – Ore 9.30. Ripartenza poco movimentata per le Borse europee con gli investitori ancora divisi tra l’ottimismo per i vaccini e i nuovi stimoli in arrivo per l’economia Usa da un lato, e dalle prese di profitto dopo i rialzi delle ultime settimane e dall’andamento dei contagi dall’altro. Della necessità di sostegni all’economia Usa ha parlato ieri il presidente della Fed Jerome Powell mentre i

la speaker della camera Nancy Pelosi e il capogruppo democratico in senato Chuck Schumer, hanno pubblicato un comunicato congiunto in cui hanno affermato che il piano bipartisan da 908 miliardi di dollari presentato martedì dovrebbe essere usato “come base per una trattativa bicamerale immediata”.

In Europa Milano sale in avvio dello 0,08%, Londra fa +0,08%, Francoforte cede lo 0,2% e Parigi lo 0,23%. In Asia, seduta cauta per Tokyo, che chiude a +0,03%.

Ma il vero protagonista di giornata è il dollaro che scivola ai minimi da due anni e mezzo, in un clima di minore rischio percepito dagli investitori, che scelgono così di abbandonare la valuta, considerata tradizionalmente bene rifugio. In mattinata l’euro continua così a salire a 1.2118 dollari, ai massimi da aprile 2018.

Stabile invece lo spread il differenziale è a 115 punti, con il tasso di rendimento del decennale italiano allo 0,619%.

In una giornata partita povera di spunti, indicazioni significative potrebbero arrivare dalla pubblicazione degli indici pmi servizi di molti Paesi, compresa l’Italia. E sempre per il nostro Paese ulteriori spunti potrebbero arrivare dalla nota Istat sulle prospettive dell’economia italiana per questo e il prossimo anno.

Dopo gli ultimi rinvii è anche il giorno dell’attesa decisione dei Paesi OPec+ sui tagli alla produzione di petrolio. A regime i Paesi produttori avrebbero dovuto ridurre l’attuale taglio dell’offerta a partire da gennaio, ma il massiccio calo della domanda spingerebbe verso un rinvio. In attesa di comunicazioni ufficiali i prezzi sono sotto pressione, con i contratti sul Wti che cedono mezzo punto percentuale, a 45 dollari al barile, e quelli sul Brent che arretrano dello 0,41% a 48,05 dollari al barile.

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