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Boccia non fa sconti al governo nascente: “Non è chiaro dove troveranno le risorse”

Mag 23, 2018

ROMA – Va bene cambiare, ma senza distruggere. E’ il monito che Vincenzo Boccia, presidente di Confindustria, lancia alla platea di industriali, politici, sindati riuniti all’annuale assise dell’organizzazione imprenditoriale. Un monito che più che alla platea degli invitati è diretta a chi oggi ha in mano le carte per formare il nuovo governo a cui chiede retoricamente se ha una politica industriale, mettendo anche in guardia: “Non è affatto chiaro dove si recuperano le risorse per realizzare i tanti obiettivi e promesse elettorali”. Parole che i due leader che hanno in mano le carte non ascoltano. Sia Di Maio che Salvini non sono tra i presenti in sala.

Boccia sprona il mondo politico e istituzionale. “La politica – ha detto – deve riappropriarsi del suo ruolo, recuperando la sua vocazione alla sintesi, che matura attraverso il dialogo, il confronto e il sapiente bilanciamento degli interessi”. E sbaglia, sottolinea il leader degli industriali, chi pensa che l’industria e i suoi temi siano superati. “Non ci può essere una politica forte senza un’economia forte” sottolinea, “se la politica pensa di essere forte creando le condizioni per indebolire l’economia lavora contro se stessa”. Non può passare l’idea, e il messaggio è ai nuovi leader politici entrati sulla scena ma non solo, che “a ogni cambio di maggioranza politica si torna indietro su scelte strategiche”. E’ il mondo dell’industria, delle sue difficoltà, del lavoro che cambia, il nucleo centrale del discorso del numero uno di viale dell’Astronomia, che non rinnega il ruolo del sindacato, anzi è con lui che vuole andare avanti e mette in guardia da qualunque ipotesi di un’uscita dall’euro. Ma per arrivarci la politica deve avere uno sguardo lungo, non può accontentarsi di insguire i risultati elettorali, come fosse sempre in campagna elettorale. “L’industria e i suoi temi – è l’accusa, tutt’altro che velata – è uscita dall’agenda politica”. Un azzardo per una Paese che è comunque la seconda manifattura europea.

“Il contesto che viviamo inizia a preoccuparci – afferma Boccia – e ci chiede di intervenire con saggezza, buon senso e consapevolezza delle nostre responsabilità. Del senso del limite. Bisogna avere senso di comunità e consapevolezza del momento delicato della vita del Paese – aggiunge – Inquadrare nella cornice giusta e non avere una visione limitata di quanto sta accadendo, sapendo ben distinguere la questione italiana, ciò che dipende da noi, dalla questione europea, senza usare quest’ultima come alibi per non affrontare la prima”. Troppa politica dal respiro breve, dunque, mentre le recenti elezioni “confermano che bisogna riprendere in mano il cantiere delle riforme istituzionali per garantire la governabilità”, osserva il presidente di Confindustria, che incalza “non possiamo continuare a navigare a vista anche perché i nodi da sciogliere “sono ancora davanti a noi” e rischiamo di rimanere continuamente impigliati “nella sottocultura dei veti e dei blocchi anche di matrice territoriale”. Deciso Boccia anche sulle grandi opere: nessun dietrofront sulle grandi opere: Tav, Tap e sul Terzo Valico.

Le crisi industriali preoccupano il numero uno di Viale dell’Astronomia. “In America si parla di produrre più acciaio – afferma Boccia – mentre da noi si vuole chiudere l’Ilva, la più grande acciaieria d’Europa”, sottolineando come sia gli Stati Uniti che la Cina hanno messo al centro “una sola priorità, la questione industriale. Partire da questo è realismo e consapevolezza l’Italia deve fare altrettanto mentre l’industria sembra essere scomparsa dal dibattito di questi mesi”. Sullo stabilimento di Taranto Boccia è chiaro: “Che messaggio diamo a un investitore nazionale o straniero con le incertezze sull’Ilva di Taranto? Premesso che tutto deve svolgersi nel rispetto delle persone e dell’ambiente – conclude – viene da chiedersi se sia possibile cambiare continuamente le carte in tavola, per di più nell’anno in cui entriamo nella top ten dell’attrattività internazionale”.

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