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Banche: addio chiavette di sicurezza, ma salgono i costi. Come si difende il risparmiatore?

Set 20, 2019

Risponde Aldo Bissi del comitato scientifico di Ridare, portale di Giuffrè Francis Lefebvre che affronta tutte le tematiche in materia di risarcimento del danno e responsabilità civile.

Alle domande che il nostro Lettore propone è possibile dare unicamente la risposta che lo stesso non vorrebbe sentire: le regole della concorrenza non lasciano altra strada che negoziare con la propria banca differenti condizioni contrattuali e, se non ottenute in modo soddisfacente, cambiare istituto di credito.

Quanto alle domande nello specifico, la seconda ha una risposta più semplice, che, appunto, si riallaccia alla, peraltro ovvia, possibilità per il cliente di cambiare la banca con cui intrattenere rapporti.

La possibilità di sottoporre al cliente una proposta unilaterale di modifica delle condizioni contrattuali (comprensiva della determinazione del tasso di interesse, o della commisurazione delle spese) è infatti espressamente prevista dall’art. 118 del Testo Unico Bancario (D.Lgs.vo 1.9.1993 n. 385), che prevede, tra l’altro che “nei contratti a tempo indeterminato può essere convenuta, con clausola approvata specificamente dal cliente, la facoltà di modificare unilateralmente i tassi, i prezzi e le altre condizioni previste dal contratto qualora sussista un giustificato motivo. Negli altri contratti di durata la facoltà di modifica unilaterale può essere convenuta esclusivamente per le clausole non aventi ad oggetto i tassi di interesse, sempre che sussista un giustificato motivo. Qualunque modifica unilaterale delle condizioni contrattuali deve essere comunicata espressamente al cliente secondo modalità contenenti in modo evidenziato la formula: “Proposta di modifica unilaterale del contratto”, con preavviso minimo di due mesi, in forma scritta o mediante altro supporto durevole preventivamente accettato dal cliente. [….] La modifica si intende approvata ove il cliente non receda, senza spese, dal contratto entro la data prevista per la sua applicazione. In tale caso, in sede di liquidazione del rapporto, il cliente ha diritto all’applicazione delle condizioni precedentemente praticate“.

E’ la legge stessa, dunque, ad attribuire al cliente la facoltà di recedere dal rapporto, ove non intenda approvare le nuove condizioni contrattuali che la banca gli sottoponga. Considerato che si tratta di una facoltà attribuita dalla legge alla banca – e che è prevista la possibilità per il cliente di non aderire a una disciplina contrattuale differente rispetto alla precedente – non pare nemmeno che possa definirsi “scorretta” la pratica posta in essere dalla banca, laddove rispettosa delle modalità comunicative e della tempistica previste dalla normativa.

Per quanto concerne la questione che attiene alla modalità applicativa della Direttiva Europea Psd2, duole constatare che la risposta non può che essere la medesima: il cliente non soddisfatto delle condizioni contrattuali applicate dal proprio istituto non ha altra soluzione che cambiarlo. Come già si evidenziava in precedenti risposte – e come di recente trattato in articoli del settore economia del quotidiano La Repubblica – l’obbligatorio adeguamento delle imprese bancarie alle disposizioni della Direttiva (e del Decreto Legislativo 15.12.2017 n. 218 che l’ha recepita nell’ordinamento italiano) comporta una sensibile protezione a favore del cliente per l’eventualità di esecuzione di operazioni indebite: l’art. 2 comma 14 del decreto legislativo, infatti, riduce a 50 euro la franchigia a carico del cliente nell’ipotesi di operazione indebita, salvo il caso in cui sia lo stesso cliente ad avere agito in modo fraudolento, doloso o con colpa grave.

E’ possibile – anche se in concreto appare in controtendenza che vengano addebitati al cliente costi per l’utilizzo della “app” sul telefono cellulare di nuova generazione (“smartphone”) – che la banca proponga al cliente nuove condizioni contrattuali per l’adeguamento tecnico necessario; in tal caso è lo stesso decreto legislativo (art. 5 comma 9) a prevedere un meccanismo analogo a quello già descritto: il cliente ha la facoltà di recedere dal rapporto senza sostenere costi ulteriori e alle medesime condizioni contrattuali precedenti.

Si tenga peraltro presente che – come già si osservava in una precedente risposta ad altro lettore – ovviamente l’adesione al servizio “home banking” non è obbligatoria, ben potendo il cliente optare per l’utilizzo della tradizionale operatività bancaria recandosi personalmente allo sportello: modalità questa, che oltre a essere certamente meno comoda e pratica per il cliente, si rivela – basti pensare al costo delle operazioni di bonifico – certamente ben più onerosa.

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