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Alitalia, i dipendenti bocciano l’accordo: 67% di No. Ora lo spettro del commissariamento

Apr 24, 2017

ROMA – I lavoratori di Alitalia hanno bocciato con il 67% dei No l’accordo stipulato da azienda e sindacati sul tavolo del governo che avrebbe dato il via a un piano quinquennale fatto di tagli agli stipendi per chi vola (fino a sfiorare il 20%, con una media dell’8%), tagli ai permessi (102 annui), cigs e nuovi assunti con contratto d’ingresso a livello low cost.

In realtà, un progetto che avrebbe puntato a mettere in sicurezza i conti nei prossimi tre anni prima della cessione della compagnia ristrutturata a Lufthansa. Sottoposto a referendum a Roma, Milano e sedi periferiche, l’accordo è stato sonoramente rispedito al mittente dai dipendenti. Con un’affluenza altissima alle urne Alitalia: oltre il 90 per cento degli aventi diritto è andato a votare, per 10.101 dipendenti sugli oltre 11mila. I no sono 6816.

Una chiamata cui ha risposto dunque la quasi totalità del personale viaggiante (1.500 piloti e 3mila assistenti di volo) oltre agli 8mila impiegati e addetti di terra. A Milano (circa 700 no contro poco oltre 150 voti favorevoli, a Malpensa 278 no e 39 sì, a Linate 698 no e 153 sì) e Napoli il “no” ha prevalso nettamente. All’aeroporto di Torino Caselle sui 18 aventi diritto hanno votato in 16, dividendosi tra 9 sì e 7 no. A Roma il colpo finale, con il il no che ha superato la soglia decisiva delle 5.140 schede, ovvero il 50%.

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A scrutinio ancora in corso, i sindacati avevano visto profilarsi l’esito negativo. Per Filt-Cgil, Fit-Cisl, UilTrasporti e Ugl Trasporto aereo “l’indicazione che arriva va nettamente verso la bocciatura dell’esito del confronto con governo e azienda. Quello che si evince è che la votazione è stata una votazione sofferta, ma decisa contro un’azienda che poco ha fatto finora per risollevare le proprie sorti. Per il momento – hanno spiegato – è il personale di volo quello che ha scelto nettamente il no. Attendiamo le valutazioni e decisioni degli azionisti e del governo, nella consapevolezza di cercare sino all’ultimo ogni soluzione possibile per evitare decisioni che sarebbero traumatiche e non più modificabili”.

Anche il governo si è mosso. Nel pomeriggio l’esecutivo si è riunito alla presenza del premier Gentiloni e i ministri Delrio, Padoan, Calenda che hanno concordato e ribadito che con la vittoria del “no”, il futuro della linea aerea è segnato, o quasi. “Rammarico e sconcerto per l’esito del referendum Alitalia che mette a rischio il piano di ricapitalizzazione della compagnia”, hanno dichiarato in un comunicato congiunto il ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda, il ministro delle Infrastrutture e Trasporti Graziano Delrio ed il ministro del Lavoro Giuliano Poletti: “A questo punto l’obiettivo del Governo, in attesa di capire cosa decideranno gli attuali soci di Alitalia, sarà quello di ridurre al minimo i costi per i cittadini italiani e per i viaggiatori”.

L’unica soluzione al momento è l’arrivo di un commissario e la successiva liquidazione nel giro di sei mesi. Anche se non tutti la pensano allo stesso modo: “Ma come si fa a pensare che una compagnia che trasporta 24 milioni di persone con 120 aerei possa essere messa in liquidazione?” Si chiede Francesco Staccioli dell’Usb, una delle poche voci del sindacato assieme all’Associazione nazionale piloti a dichiararsi apertamente contraria all’accordo sul piano, “noi crediamo che Alitalia possa comunque restare sul mercato, ma con una fortissima discontinuità rispetto al passato e alla dirigenza che ‘ha ridotta in questo modo”.

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